La bruttezza, fino a quel momento una sorta di bolla che mi isolava dagli altri, era diventata il mio biglietto fortunato della lotteria. La pubblicità in poco tempo mi aveva trasformato da anonimo uomo delle pulizie a popolare divo della nazione.
Se mio padre fosse stato ancora vivo, avrei potuto contestare la sua cinica teoria: ti salvi solo se sei almeno bello o ricco, in tutti gli altri casi sei destinato a una vita di merda. Invece, né bello né ricco, ero diventato famoso, mi riconoscevano ovunque. La mia faccia sorridente appariva in centinaia di selfie di gente incontrata per strada, nei bar, nei ristoranti. Ricevevo inviti, ero ospite in programmi tivù, ero sulle copertine delle riviste, guadagnavo un sacco di soldi – davvero tanti – e, soprattutto, conobbi Martina. Ero nel parcheggio della villa dove si era tenuta una grande festa, stavo per salire in macchina, Martina si avvicinò, disse: «Wow! Tu sei quello dell’acido muriatico?»
«Sì, in tutta la mia bruttezza.»
Martina rise e indicando la macchina disse: «È tua?»
«Beh sì, ancora non ho imparato a rubare le auto.»
«Facciamo un giro?»
Dopo un paio di curve Martina mi strizzò le palle, ci rifuggiamo in un tratto di bosco. Ci sposammo qualche mese dopo. Lei si fece tatuare sulla spalla i miei occhi strabici.
«È un peccato rovinare la tua pelle così» dissi. Lei non rispose, quasi in effetti fosse già pentita.
Il fatturato aumentò del trecentoventi percento, Nosferatu fu il successo commerciale più grande mai registrato dall'azienda chimica. Così come lo era stato per l’agenzia pubblicitaria. La mia vita sempre più si riempì di gente, di eventi mondani, di occasioni. Mi proponevano comparsate nei film, nei video musicali, nelle serie tivù, nei programmi televisivi. Mi invitavano a cene, a presentazioni, a serate in discoteca (dove spesso ero l’ospite d’onore), ai festival di settore.
Questa è una storia di fantasia
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