Manichini

Vorrei anch'io una testa come i manichini delle vetrine del quarto piano. Alcuni di loro hanno capelli che sembrano veri, occhi di vetro brillante, un sorriso perenne dai denti perfetti, abiti di lusso. Noi invece in famiglia siamo tutti privi di testa: io, mio padre, mia madre, i miei fratelli, i nonni. Manichini essenziali per abiti dozzinali. Perfino il nostro cane, Fake, che indossa ridicoli cappottini nella vetrina del negozio di animali, è privo di testa. Avere una testa mi cambierebbe la vita. È il mio desiderio più grande.

 

Indosso una tuta grigia modello Dakar in offerta speciale a 69,99 Euro, ho un cartellino sul petto con il prezzo pieno barrato e quello dell'offerta scritto in rosso. Sono posizionato accanto ad altri manichini nella vetrina principale del negozio Super Sport, secondo piano del centro commerciale. Ho i piedi ben ancorati alla pedana di vetro temperato, il braccio sinistro teso in avanti in una posizione da statua greca. Il braccio per un difetto di fabbrica tende ad abbassarsi nel corso delle ore, quasi fosse una lancetta d'orologio sfasata. Di tanto in tanto qualcuno dei commessi viene a regolarne l'inclinazione.

 

Zio Alberto ha avuto la fortuna di trovare una testa nel parcheggio sotterraneo, sfuggita di sicuro a qualche magazziniere distratto. Da riservato che era, adesso zio Alberto riveste un ruolo importante nel sindacato dei manichini del centro commerciale. La sua autostima è enormemente aumentata, ha una comunicazione efficace e riesce ad affrontare le folle con disinvoltura. Per timore di rovinarla, indossa la testa solo in occasione dei convegni, oppure quando c'è qualche festa in famiglia. Che poi presentarsi con una testa sulle spalle non ha molto senso in una famiglia come la nostra, ma sono anche l'ultimo a poterlo affermare.

 

«Che te ne fai di una testa?» domanda Ginevra, in vetrina accanto a me.