«Capisco, ma dico: ora dove lo trovo un idraulico? Devo lavare mia moglie, è da ieri che siamo senza acqua.»
«Davvero non posso, mi spiace.»
«Non puoi fare un'eccezione? Devo assolutamente aiutare mia moglie a lavarsi, non posso lasciarla ancora così quella povera donna. Dico: magari è una cosa di due minuti... Se ci vuole di più non fa niente. Ti prego, solo un'occhiata dico.»
«E va bene,» ho detto, «andiamo a vedere.»
Dal retro del furgone ho selezionato gli attrezzi indispensabili e li ho messi nella cassetta. Ho seguito l'uomo anziano, camminava a fatica e con estrema lentezza. Abbiamo impiegato molto a raggiungere l'ascensore. L'appartamento aveva un odore pesante, un miscuglio tra vapori di soffritto e legno di vecchi mobili. L'uomo si è affacciato sul balcone e ha parlato a qualcuno: «È venuto l'idraulico, forse risolve.»
Sulla parete del corridoio c'era una foto in bianco e nero che ritraeva una giovane coppia sorridente, lui e lei con un cono gelato, abbracciati. L'uomo anziano, a cavallo della portafinestra, si è voltato verso di me, ha detto: «Vieni, mia moglie è qui, puoi salutarla se vuoi. Lei non parla, ma capisce tutto quello che le dici.»
Mi sono avvicinato, ho fatto alcuni passi sul balcone. Ogni cosa lì era rovinata dal costante assedio della salsedine. La ringhiera arrugginita, il legno annerito degli infissi, vasi che contenevano solo terra indurita. Seduta davanti alla parete scrostata, su una vecchia poltrona, c'era questa donna, avvolta in una vestaglia a fiori, guardava davanti a sé, forse nel vuoto, era in chiaro stato catatonico.
«Le piace guardare il mare,» ha detto l'uomo, «lo ha sempre amato. Per questo siamo venuti a vivere qui.»
Ho fatto sì con la testa e ho detto: «Buongiorno signora.»
«Si chiama Elvira.»
«Buongiorno Elvira.»
L'uomo mi ha indicato lo sportello della chiavarda, era arrugginito, per aprilo ho dovuto forzare con un cacciavite gli angoli della lamiera.