«Se ti senti meglio aiutami a pelare le patate. Devo preparare il pranzo. È tardi.»

La mamma cantando una melodia a bocca chiusa incrociò altra legna sulla brace e in breve riattizzò il fuoco, poi adagiò il calderone sul trespolo e soffiò forte per stimolare le fiamme. Gisèle riconobbe la melodia che sua madre stava mugolando, la stessa che cento volte l'aveva consolata. Scese dal letto, si avvolse nella vestaglia e scalza raggiunse la cucina. Si sedette sullo sgabello davanti al camino, afferrò una patata dal paiolo e cominciò a sbucciarla, gettando le bucce nel fuoco. La mamma continuava a cantare. Nel quadro della finestra il cielo si era fatto meno aggressivo e i cumuli nuvolosi più scuri si spostavano lentamente altrove.

La mamma si asciugò le mani con la parannanza, si avvicinò a Gisèle e poggiò un lungo bacio sulla sua fronte per sentirne la temperatura.

«Sei più fresca. Domani forse potrai tornare a scuola.»

Gisèle, continuando a sbucciare le patate, poggiò i piedi nudi sui mattoni caldi del camino e disse: «Pensi che a Emma stiano bene le mie scarpe?»

«Certo Gisèle, tua sorella sarà felice di avere finalmente scarpe nuove.»

Il bacio della madre, ancora per poco, restava fresco sulla fronte di Gisèle: leggero e volatile avrebbe presto portato via ogni inutile tormento.

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