Le poche volte che pregavo lo facevo per chiedere di morire. Perché avrei dovuto ostacolare un sano desiderio di mia moglie?
«Venderò la licenza del taxi» dissi. Lei si oppose per diversi giorni, poi accettò la mia proposta e mi abbracciò come non succedeva da tanto tempo.
Ci trasferimmo in questa piccola casa in cima alla collina. Da qui potevo muovermi solo a piedi e dovevo attraversare gli immensi campi di fiori prima di giungere al paese più vicino, dove trovavo solo un piccolo bar che chiudeva prima di cena. A volte raggiungevo il bosco e restavo lì a piangere, per ore. Avevo bisogno di bere, soprattutto la sera. Ada mi aveva riservato mezzo litro al giorno, non di più. Non sapevo dove nascondesse le bottiglie. Urlavo, sbattevo i pugni sul tavolo, rovesciavo i piatti. Ada però non si scomponeva mai. Si era trasformata in una contadina dalle mani callose, aveva rinunciato all’ultimo barlume di eleganza per indossare abiti dai tessuti duri e stivali di gomma, aveva trovato nella terra il conforto e l'amore che io non ero mai riuscito a concederle. Ora c’erano campi sterminati intorno casa, poteva seminarli, poteva camminarci fino a perdermi di vista, poteva rendermi un uomo piccolo e insignificante, innocuo, quale ero sempre stato. Il duro lavoro nei campi nobilitava lei e umiliava me.
Nel corso dei mesi mi liberai dalla dipendenza dall’alcol. Il tempo passò in fretta, ci ridisegnò i visi e l’anima. Imparai ad aiutare Ada nei campi, l’attività andava bene, comprammo un trattore e ampliammo la casa. Invecchiammo insegnando ai campi a fiorire, loro ci insegnarono a rinascere. Giorno dopo giorno avevo appreso la disciplina delle stagioni, le leggi della terra, la severità della fatica, i nomi dei fiori. Soprattutto sentivo Ada come parte di me. Questo mi faceva stare bene e mi turbava allo stesso tempo. Perché Ada non si era sbarazzata di me? Avrebbe potuto farlo, ne avrebbe avuto il diritto. Non ero mai stato collaborativo, né riconoscente.