Erano stati sempre là senza che lo sapessi e fu quello il giorno in cui per la prima volta mi sentii amato.

Questa cosa degli occhi l'avrei raccontata la sera stessa anche a Mauro e Giorgio, miei fratelli per parte di avvoltoio, impegnati ancora a rincorrere il pallone giù nel cortile. Mi avrebbero deriso, mi avrebbero chiamato gne gne gne, poi sarebbero rimasti svegli fino al mattino seguente con la smania di guardarsi l'iride allo specchio.

 

Decisi che Michela l'avrei sposata, certo, ma glielo avrei rivelato molto tempo dopo, quando avrebbe perso il vizio di lanciare brecciolino per elemosinare un po' d'affetto. Saremmo rimasti ancora dieci anni nell'orfanotrofio, smaniosi di uscire fuori dalle mura della nostra infanzia, ma già consapevoli che le cose migliori della vita albergano nel breve confine di un reciproco sguardo.

 

Asciugai i bermuda con il fon, li indossai e scesi di corsa nel cortile, confondendomi nel chiasso dei miei compagni. Poco dopo incrociai lo sguardo severo di suor Maria. Non ebbe nulla da dire perché non si accorse di nulla: né dei pantaloni lavati né del mio cuore rovesciato.

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