Aveva dissipato tutte le nostre paure, aveva presto imparato a camminare sulle assi di legno con estrema scioltezza e con un saldo equilibrio. La lasciavamo giocare e saltare tra le voragini del solaio. Aveva ereditato la nostra capacità di librarsi sul vuoto, di non temerne l'insondabile profondità, eravamo una perfetta famiglia di funamboli.

 

Da tempo avevamo accantonato l'ipotesi di sistemare la casa: un esperto ci aveva assicurato che, con una lenta e inesorabile progressione, sarebbe affondata nel terreno paludoso. Intanto avevo ottenuto una promozione, ero passato dal magazzino al ruolo di rappresentante, lo stipendio e le provvigioni mi avevano permesso di accendere un mutuo. Acquistammo un appartamento in città. Il trasferimento fu per Matilde una rinascita: le sbocciò una vivacità sul viso che in lei non avevo mai conosciuto, iniziò a coltivare nuovi interessi, accompagnava Elena a scuola, stringeva nuove amicizie, dialogava con piacere. Arrivò per tutti noi una vita nuova. Sia io che Matilde ci innamorammo di altre persone. Ne parlammo apertamente e senza contrasti, entrambi eravamo consapevoli di quanto le pressioni dei nostri genitori avessero condizionato le nostre giovani vite e i nostri più reali sentimenti.

Elena, quindicenne, era contraria alla nostra separazione, fu costretta a prenderne atto. Lei rimase a vivere con Matilde, io mi trasferii nella casa della mia nuova compagna.

 

Gli anni trascorsero in fretta, a tratti furono sereni, non incontrai più Matilde, nemmeno quando venni a sapere che la storia con il suo nuovo compagno era naufragata, così come la mia.

 

Tornai a visitare la vecchia casa. Era davvero sprofondata. Inclinata e avvinghiata dalla vegetazione. Quel posto aveva dimenticato tutto di noi. Anche il tetto ormai aveva ceduto. Non mi fu possibile visitare l’interno.

 

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Questa è una storia di fantasia
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