Con il passare degli anni ti sei convinto che i desideri sono solo un fardello, che la malinconia è un luogo tutto sommato abitabile e forse anche confortevole, meno soggetto ai terremoti rispetto a quei castelli costruiti su fragili faglie di felicità. E tra i desideri hai annoverato anche l'amore, poiché la prima e unica sofferenza del cuore ti è stata insopportabile. Così nelle calde notti d'agosto, quando tutti puntano il naso contro la notte per cercare una stella cadente a cui affidare un desiderio, ti limiti a guardare quei rapidi tagli di luce che, come una cicatrice del cielo, si rimarginano nel nulla perdendo memoria di ogni ferita.
Ora tutti e due siamo troppo vecchi per concederci certi giochi, fare finta che io sia Babbo Natale e cose del genere, e poi so che quella lettera la lasceresti comunque in bianco. Allora ho deciso di scriverti io, che oltre a essere tuo padre sono un Babbo Natale triste, uno della tua razza, uno che è in empatia con la tua anima, uno che, come vedi, ti capisce in pieno. Non temere di avere desideri: anche a quelli come noi è concesso averne qualcuno, credimi. Ti mando un grande abbraccio, e se verrai a trovarmi te lo darò di persona. Tu resti per me il dono più grande, così come sei: il mio caro bambino triste. Alla fine è solo questo che tenevo a dirti.
A proposito, la signora Harper ha finito di leggere il libro che le abbiamo regalato. L'ho vista per giorni imbacuccata sulla panchina del giardino, nonostante il freddo, che leggeva commossa. Le ho chiesto se avesse mai letto altri libri così commoventi. Mi ha confidato che del libro non ci ha capito niente, e che mentre leggeva non ha pensato altro che ai dolcetti che avevamo regalato a tutti gli altri tranne che a lei.