Allora si sa: l'infelicità dei figli si trasforma essa stessa in un feto che le madri si portano dentro con la speranza di ridarlo alla vita, perché le mamme non vogliono solo figli, ma vogliono figli felici. E lei ci è morta con questo tormento.

 

Sono certo che l'idea di arruolarti fu la conseguenza inevitabile della tua rassegnazione al non senso dell'esistenza. Preferivi prendere ordini, lasciare che gli altri decidessero al posto tuo come gestire ogni singolo minuto della tua vita. A differenza dei colleghi volevi essere un soldato non per onorare la bandiera degli Stati Uniti, ma per deflagrare la tua vita su una mina qualunque, o per lasciarla abbattere sotto il fuoco di un nemico che tutto poteva pensare tranne che di farti un favore. Avresti mascherato il tuo suicidio da atto eroico: forse l'unica premura da te usata nei confronti di chi ti ama. A Mosul però il destino ti presentò quella ragazza senza nome, sporca di guerra e vestita di stracci, venuta da un deserto muto e arido. Ricordo i pianti di quando tornasti in licenza, perché mi confidasti il timore di non rivederla più per il resto della tua vita, come probabilmente accadrà. Vi eravate amati di fretta nello scantinato di un edificio distrutto che assomigliava così tanto alla tua anima, senza sapere nulla l'uno dell'altra, a parte che il mondo vi aveva creati per vivere insieme quella manciata di minuti, lasciandoti dentro lo squarcio che solo uno come te può tollerare e che per il resto della vita chiamerai "amore mio".

 

Molti dei tuoi amici soldati morirono, tu dicesti, per ognuno di loro: «al posto mio», e Sullivan non hai avuto più il coraggio di andarlo a trovare, perché ha perso un braccio ma è felice, e sorride sempre e ti mette a disagio.

 

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