Gli sguardi si incrociarono languidi ancora una volta, ma Coppi e un esercito di gregari ci passarono in mezzo velocissimi, spezzando per sempre quell'ultimo flebile filo che li univa. Sui balconi emergevano teste curiose dietro i gerani. Marcella, per niente interessata a tutto quel baccano, stendeva i panni come sempre, quasi fosse in un mondo silenzioso e parallelo. Due balconi più in là Salvatore fumava poggiato alla ringhiera, qualcuno dalla strada lo rimproverò per la cenere che cadeva giù, allora lui disse: «Ma andate affanculo voi e le biciclette!», e se ne tornò in casa sbattendo la porta finestra.
Francesco regolò il cavalletto della macchina fotografica e, sicuro di immortalare un pezzo di storia in bianco e nero, inquadrò il primo volto che gli si parò davanti con i denti stretti e i rivoli di sudore, poi scattò mentre un coro di giovani gridava: «Bartali! Bartali!»
Dopo lo scatto Francesco domandò entusiasta a un tizio che gli stava accanto: «Era Bartali?»
«Chi? Quello? No no, eccolo Bartali! Eccolo! Dai grande! Pedala, stracciali tutti!»
Così Bartali sfrecciò davanti a Francesco prima che egli potesse accostare di nuovo l'occhio alla macchina fotografica.
I ciclisti attraversarono la piazza e ripiegarono dietro il muraglione dell'ospedale, gruppi di ragazzini gli correvano dietro, qualcuno faceva spostare cani vecchi e pigri dalla traiettoria delle bici.
Intanto la folla diradava nei tratti in cui il passaggio dei ciclisti si era esaurito.
Giorgio servì ancora i tavolini in veranda, l'ennesimo caffè a un signore elegante e solitario, gelati carichi di panna a due chiassose ragazze che coprivano sorrisi sguaiati con le mani unite, poi rientrò nel locale e, approfittando di un momentaneo calo di clienti, poggiò il vassoio sul bancone, si mise a sedere, tolse le scarpe e pensò che forse a breve sarebbe riuscito a comprare uno di quei televisori che nei bar di alcuni paesi vicini attiravano sempre un sacco di gente,
Questa è una storia di fantasia
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