Ogni genere cinematografico ha delle caratteristiche importanti che lo distinguono dagli altri, e tali differenze non emergono soltanto dalle trame, dall’ambientazione, ma soprattutto dipendono dal rapporto che ogni genere stabilisce con la società, la storia, la politica, l’immaginario collettivo. Ecco, dunque, che i confronti tra un film e l’altro qui non avranno lo scopo di definirne le qualità estetiche, qualora queste prescindessero totalmente da ciò che più ci interessa, ovvero le modalità, i meccanismi, le influenze che nel corso del tempo regolano lo sviluppo del soggetto, facendo in modo che esso venga riproposto sempre uguale a se stesso ma pure, ogni volta, sensibilmente rimodellato.
Nonostante queste pagine non siano lo spazio adatto ad approfondire il discorso sui generi cinematografici, è però importante indicarne almeno quelle nozioni necessarie ai fini della nostra ricerca, visto che anche in questo contesto le definizioni sono molteplici e contrastanti. Troviamo infatti chi, come Luciana Della Fornace, si impegna a sottolineare che i generi cinematografici principali sono soltanto tre: l’avventuroso, il drammatico, il comico, e che poi ognuno di questi generi ingloba diversi “filoni”, che a loro volta vengono spesso e impropriamente chiamati generi. Il western, per esempio, è un filone del genere avventuroso. Più precisamente, «un filone cinematografico, nell’ambito di uno dei tre generi fondamentali, è costituito da una serie di film che presentano caratteristiche comuni nella trama, nei personaggi e nell’ambientazione» (5). Estremizzando questa definizione potremmo allora indicare il remake, o un gruppo di remakes con lo stesso soggetto in comune, come “sotto-filone”, o come «supergenere» (6).