Non sappiamo quanto sia intenzionale l'esito del film di Lang, ma possiamo intuire che nulla sia lasciato al caso, almeno stando all'accuratezza con cui il regista tedesco è solito rappresentare determinati simboli.
La M del titolo dichiara ancora una volta la passione del regista per gli ideogrammi e gli enigmi. M significa Mörder (assassino) e Monstrum (creatura fantastica), eppure la lettera – come la A scarlatta del romanzo di Hawtorne – si presta a un divertimento plurilinguistico. Il concetto simboleggiato dal personaggio di Becker in tedesco si dice Schlechte, in inglese Evil. Per rispettare il gioco dell'iniziale è necessario ricorrere ai vocaboli francese, spagnolo e italiano: M = mal, male. M vuol dire anche Mabuse, nome proprio assolutamente internazionale, e Mabuse, si sa, è veramente il male.
Così una semplice iniziale diventa la chiave di molte interpretazioni, esprimendo allo stesso tempo l'ambiguità di ciascuna (37).
Difficile dunque credere che in M vi sia qualcosa di “casuale”. Losey di conseguenza deve svolgere il difficile compito di trapiantare in un clima hollywoodiano una trama dai risvolti e dalle implicazioni fortemente legati alla nazione di origine.
Tuttavia Losey non si scoraggia: «uomo di teatro, parrebbe che i suoi interessi siano rivolti soprattutto al testo dei suoi film, e invece lo vediamo impegnato soprattutto nella ricerca dell'immagine che dia vita al testo stesso» (38). Ecco dunque che il rifacimento americano, basato su una sceneggiatura pressoché identica a quella originale, finisce per concentrarsi sull' «avventura drammatico-psicanalitica fine a se stessa» (39/sup>. Così Ermanno Camuzio commenta l'opera di Losey:
Difficile dire cosa spinge Losey a rifare Lang: un critico francese (Christian Ledieu) afferma che in questo film il regista oppone il protagonista all'ambiente, non nel senso di “gente” e di “mentalità”, ma rispettivamente in quello di “luogo”, di scenografia addirittura.