Tuttavia è un elemento che rischia di passare inosservato, mascherato dall'ossessione sessuale di cui soffrono quasi tutte le pellicole del regista spagnolo.

Al di là degli esiti, Tacchi a spillo vorrebbe essere, almeno secondo gli intenti di Almodóvar, un vero e proprio melodramma, ricalcato proprio sul modello di Sirk, che egli definisce «lussuoso», e che si contrappone alla tipologia più essenziale proposta da Cassavetes. Un melodramma cioè in cui il «lusso e gli artifici» siano «espressivi come i personaggi» (30).

[…] Il fatto è che dopo La legge del desiderio il regista non vuole più fare, nonostante le sue dichiarazioni, un melodramma puro. Preferisce dissacrare il genere fingendo di sacralizzarlo. Ossia nel momento in cui tutto è forzatamente melodrammatico, il genere si svuota di significato. Così come i riferimenti a Douglas Sirk (soprattutto nei flashback iniziali) e al suo Lo specchio della vita (Imitation of Life, 1959) si rivelano unicamente di forma (la riflessività, la staticità, la falsità) e non di contenuto (31).

Ancora una volta ci troviamo di fronte alla disgregazione di un genere cinematografico, confermando alcune conclusioni descritte in precedenza (cfr. 4.1). A questo si aggiunge il fatto che la realtà storico-sociale in cui il film si innesta richiede sostanziali variazioni dal modello originale.

Nell'America degli anni '50 il melodramma era sintomatico, testimoniava malgrado se stesso le nascoste contraddizioni di uno Stato repressivo ma apparentemente soddisfatto. Nella Spagna dei '90 (dove niente è tabù, dove si può dire qualsiasi cosa) la famiglia non serve più come arena per il ritorno della repressione psichica e dei traumi sociali: il privato semplicemente rimane privato, in un'aggressiva tautologia (32).

Almodóvar non è l'unico regista europeo legato alle atmosfere del melodramma hollywoodiano. In misura maggiore il tedesco Rainer Werner Fassbinder venera l'opera di Douglas Sirk.

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