Comunque, prescindendo da queste corrispondenze tra l'opera di Kusturica e quella di Coppola, Horton scopre proprio nelle differenze il più fertile terreno di indagine, ed effettivamente anche per noi esse costituiscono un solido punto di riferimento, almeno per completare la ricostruzione di un quadro abbastanza dettagliato sulla realizzazione di remakes europei “d'importazione”. Il primo dato evidente si riflette sulla scelta del cast. Coppola mette in scena attori professionisti e di alto livello: Marlon Brando e Al Pacino. Kustuirca, al contrario, si avvale principalmente di attori non professionisti, e anzi pesca direttamente dal loro ambiente i gitani che nel film interpretano loro stessi. Horton scopre inoltre una serie di poli drasticamente opposti nelle opere dei due registi.
Il realismo “gotico” di Coppola, determinato da scene marcatamente realistiche, da ombre e toni vagamente espressionisti, e da una narrazione che impedisce qualunque tipo di escursione nel fantastico, è in netto contrasto con il realismo magico di Kusturica, in cui è facile scorgere le influenze della letteratura latino-americana e, soprattutto, di Gabriel García Márquetz. Proprio come lo scrittore, Kusturica costruisce la propria arte sull'irrazionalità e sulla povertà della sua gente.
Gli altri due poli opposti sono costituiti dal tono tragico di Coppola contro il tono allegro di Kusturica. Mentre la trilogia hollywoodiana mette in atto una tragedia, i cui protagonisti scivolano lentamente e inesorabilmente verso la decadenza, Kusturica impregna l'intera pellicola di uno stato d'animo che è in bilico tra la felicità e il dolore. C'è comicità, ma si tratta di una comicità di stampo chapliniano, che si condensa anche nella figura dello zio Merdzan, chiara citazione di Charlie Chaplin.
Il Padrino è un film in cui si incontra tutta la tradizione del gangster movie, e comunque dei filoni del cinema americano basati su storie di criminalità e malavita.