Un'amnesia devastante divora i suoi ricordi liberandola dalla zavorra di brutti pensieri che la trascinerebbero rovinosamente a terra. Ma proprio mentre è sospesa in aria i brutti ricordi riaffiorano, come se la traiettoria del suo volo attraversasse una nube di cupe molecole. Lo capisco perché quando la vado a recuperare dalla rete, e gli applausi ancora scrosciano, Margit non ha più lo sguardo smarrito nell'amnesia, ma pupille lucide che trattengono il pianto.
Margit si sveglia di soprassalto, si rigira nel letto, fa domande in preda all'ansia: «Dove sono? Cosa ci faccio qui?»
Le indico le foto appese alla parete e l'aiuto a ricordare le cose belle. Le ricordo che è una donna cannone e che fa parte della grande famiglia del circo. Come prevedibile Margit si passa una mano sulla pancia, con i polpastrelli intercetta le irregolarità della pelle, solleva la vestaglia per guardare meglio la pancia: «Perché ho questa cicatrice?»
«È un graffio di stella» le dico.
«Un graffio di stella?»
«È successo tanto tempo fa. Ti abbiamo sparata troppo in alto, hai sfiorato una stella e una punta ti ha ferito la pancia.»
«Non dire idiozie! Ho perso la memoria, non la ragione.»
«Non aspettarti troppe verità da un clown» dico distraendola con altri argomenti del passato: «Hai un fratello e una sorella a Budapest, ricordi? Tuo fratello Alexander ha lasciato il circo e ha fatto una fortuna rivendendo auto.»
Lei afferra un biglietto che tiene fermo sotto la sveglia: «L'unica cosa che ricordo è che di te non posso fidarmi. L'ho scritto qui, guarda: non fidarti di tuo marito.»
«Stai facendo passi avanti», dico sinceramente sorpreso. «Continuando così una mattina ti ricorderai di chiedermi il divorzio.»
«Non sei divertente. Non si dovrebbe scherzare con certi argomenti.»
Margit non mi chiede più nulla, si prepara per lo spettacolo come se avesse ricordato ogni cosa o, peggio, come se il mondo all'improvviso fosse un luogo privo di senso.
Questa è una storia di fantasia
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