Riesci a sopportare questi giorni senza fine? E i nostri figli? Non ci chiamano mai se non li cerchiamo noi. Ti sembra normale?»
«Hanno le loro vite, Rita. Devono stare dietro ai bambini. Non ricordi come eravamo noi alla loro età? Sempre di corsa, non c'era mai tempo di fare niente. Dovremmo capirli.»
Presi il suo viso tra le mani affinché fosse costretta a guardarmi negli occhi: «Non sono lo stronzo che pensi. Vorrei solo difenderti da tutto questo.»
Rita non rispose, abbassò lo sguardo, divincolò il viso dalle mie mani, poggiò la testa al mio petto, l'abbracciai, fui avvolto dal profumo di detersivo della sua veste.
Il gatto del vicino camminava furtivo sulla staccionata, stringeva tra i denti una preda sporca di terra. Incrociò il mio sguardo e rimase immobile per qualche secondo a fissarmi, il tempo di lasciarmi distinguere la piccola ala che gli spuntava dalla bocca, poi balzò fuori dal mio campo visivo. Sotto la quercia c'era un piccolo cumulo di terra. Rafforzai l'abbraccio, dissi: «Dài, andiamo dentro a prenderci una tisana.»
Rita non oppose resistenza, si lasciò trasportare dal mio braccio che le cingeva i fianchi. Dopo cena ci sedemmo sul divano e restammo a parlare fino a tarda sera.