L'istinto ti spingeva verso un riparo. Una cabina telefonica sarebbe stata perfetta. Sì, una cabina, magari, perché non ti piaceva l'idea che tutti venissero a sapere della tua interminabile e complicata storia d'amore.
Tante cose cominciavano a cambiare. Nei decenni precedenti occorreva darsi un appuntamento per telefonarsi e se ci si dava un appuntamento occorreva essere puntuali, oppure aspettare a lungo. Era difficile risentirsi, se non dopo diverse ore o dopo diversi tentativi. Ora tutto cambiava: potevi disdire un appuntamento mentre eri per strada; se l'auto si rompeva non dovevi fare chilometri a piedi per trovare un telefono e chiedere aiuto. Con il cellulare potevi essere rintracciato in qualunque momento, e questo era anche il suo aspetto negativo: il lavoro te lo portavi sempre sul collo; la tua intimità aveva sempre meno ripari; venivi conquistato da nuove forme di ansia. Però certo, il cellulare potevi sempre spegnerlo quando necessario. E allora lo spegnevi soprattutto perché speravi di rinviare di giorno in giorno il momento in cui lei ti avrebbe detto che la storia d'amore, stavolta, era davvero finita.
Infine sono arrivati gli smartphone: la fusione di cellulare e computer, la connessione persistente di ogni individuo alle reti sociali, la diffusione di notizie in tutto il mondo in tempo reale. Ora la vicina di casa riceve il filmato della zia Bonaria che cucina le pappardelle al sugo di lepre; riceve link sulla zuppa di fagioli messicani dalla cugina Marianna; riceve lezioni di uncinetto dall'amica Santa Anonima conosciuta su Facebook, mai vista di persona.
Quando stai per metterti al letto riaccendi lo smartphone: sai che è passata mezzanotte e lei sicuramente non chiamerà. Hai guadagnato un altro giorno. Ma Whatsapp ti avvisa che c'è un messaggio. Leggi l'anteprima: «È finita, mi spiace. Addio. Non cercarmi più.»
Provi a salvarti con il meschino tentativo di inibire le spunte blu.