L'originalità del film non sta nel ribaltamento del finale renoiriano (cosa è più convenzionale di un barbone che sceglie gli agi della ricchezza?) quanto nel fatto che si ha spesso l'impressione che tutta la vicenda sia vista attraverso gli occhi (assai espressivi) di Matisse, il cane del ricco produttore di appendiabiti di Beverly Hills (8).
Ancora una volta assistiamo all'importanza dello spostamento del punto di vista, in grado, quasi sempre, di conferire un aspetto più gradevole al remake. Non ci riferiamo soltanto al punto di vista del personaggio ma anche, e soprattutto, del regista. A questo scopo possiamo confermare le parole di Francis Vanoye relative a quello che egli definisce «transfert storico-culturale»:
L'appropriazione
[del soggetto]
non è un processo scelto, ma la conseguenza di una limitazione esistenziale dell'adattamento che si potrebbe designare con il termine transfert.[…]
L'opera adattata, infatti, si trova sempre in un contesto storico e culturale diverso da quello in cui è stata prodotta.[…]
Il transfert non comporta necessariamente la trasposizione di contesto[…]
; non sempre ha effetti sull'intreccio, sullo spaziotempo diegetico, sui personaggi, ma tocca immancabilmente il punto di vista, lo sguardo, perché riguarda la sensibilità, il modo di un'epoca di intendere le cose, perché è un cambiamento obbligato di prospettiva (9).
Questo è tanto più vero se, come nel caso che abbiamo finora descritto, un regista americano riprende il materiale di un collega europeo. Le differenze culturali dei due registi tendono inevitabilmente a svelarsi. Vediamo allora cosa succede nel caso assai frequente di un regista europeo che realizza una commedia nell'ambiente del cinema statunitense. Durante il suo periodo americano, Louis Malle realizza Crackers (Id., 1984), remake della riuscita commedia I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli.