I personaggi di Lang spesso sono marchiati da una cifra in denaro (come la taglia su M), ed esprimono «tutto l'orrore e il mistero della corruzione morale». La poetica di Lang non perde certo mordente: «un Lang teso e cattivo, quello di Scarlet Street, riproduttore crudele della miseria umana al pari dell'artista William Hogarth, che non a caso presta il cognome al banchiere dell'inizio, semplice ingranaggio nel quadrante del destino» (44). Un soggetto altrettanto impegnativo è quello che Lang riprende nel 1954, liberamente ispirato al romanzo La bête humaine di Emile Zola, già alla base della versione che Jean Renoir dirige nel 1938, intitolata L'angelo del male (La bête humaine). Il protagonista, interpretato da Jean Gabin, è un ferroviere dalle pulsioni maniaco-sessuali e omicide. Il film di Renoir risulta, infatti, «violento e aggressivo sul piano dell'indagine umana e sociale», costruito com'è su «un carattere fortemente drammatico, sì da fare di questa vicenda d'amore e di morte una vera tragedia dei tempi moderni, sottesa da continui riferimenti alla realtà del momento» (45).

Lang, dunque, si propone di trascrivere in America un tema non molto diverso da quello che tratta in M. Però Lang è anche consapevole che nel cinema americano non c'è alcuno spazio per i maniaci sessuali con istinti omicidi. Così, proprio come farebbe qualunque altro regista americano, Lang lavora sul personaggio levigandone gli spigoli, attenuandone gli aspetti più cupi della personalità, fino a rendere i suoi gesti più giustificabili agli occhi degli spettatori; il risultato è un ferroviere alcolizzato (e già per questo non perfettamente in grado di intendere e di volere), che strangola sua moglie, la quale però non è per niente un personaggio positivo: è lei a far passare il marito per un assassino, prima di tradirlo.

In questo modo l'omicidio compiuto dal protagonista sembra bilanciarsi con la bassezza morale della vittima.

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