La lettura di Canova è sicuramente interessante, poiché formula l'ipotesi di un “remake dell’effetto”, in questo senso il film andrebbe inteso come un vero e proprio mezzo, una macchina che produce precise emozioni. Si pensi anche alla qualità della colonna sonora.
[…]
È difficile, in genere, trovare le migliori soluzioni musicali nei film clonati, rispetto agli originali. Con dei casi macroscopici, quello per esempio di Fino all'ultimo respiro[…]
diventato in America, nel 1983, All'ultimo respiro (Jim McBride). Per quest'ultimo il compositore Jack Nitzsche (viene dal pop: è quello di L'esorcista, Qualcuno volò sul nido del cuculo, Ufficiale e gentiluomo, non ha uno stile suo) drammatizza pesantemente la vicenda. Nel film di Godard invece il jazzman Martial Solal (famoso per gli appassionati, …) tratta la vicenda con una certa leggerezza. Pur essendo nervosi e in continua tensione, gli interventi di Solal accompagnano infatti le gesta di J.P. Belmondo in maniera agrodolce, e lungi dal gonfiare drammaticamente o pateticamente i fatti contribuiscono a stilizzarli, diciamo così (25).
McBride realizza, soprattutto, una “traduzione” degli effetti della pellicola originale.
Del resto tradurre i dialoghi di un film in un’altra lingua non equivale a tradurne l’impatto sul pubblico, e questo lo spiega bene David Willis che, confessando di aver visto prima il remake e poi l’originale, afferma con una battuta: le uniche cose «che il remake hollywoodiano tenta di cancellare dal film francese sono, molto semplicemente, i sottotitoli» (26).
Ripetendo e confermando che il remake non è quasi mai un restauro filologico di un’opera precedente (cfr. 3.1), dobbiamo porci nei suoi confronti con molta attenzione.
«Infatti il problema remake acquista un ben diverso significato quando, da esigenza fisiologica-congiunturale dell’istituzione cinematografica, diventa momento centrale o comunque importante della poetica di un autore o di un’intera tendenza» (27).