2.2 Ripetizioni d'autore.
Non dobbiamo credere comunque che ad essere importati dall'Europa siano soltanto i soggetti buoni alle commedie e ai musical. Un caso tra tanti genera molte polemiche. Nel 1983 Jim McBride realizza All’ultimo respiro (Breathless), ovvero il remake del film-manifesto di Jean-Luc Godard Fino all’ultimo respiro (A bout de souffle, 1959). Le critiche, quasi tutte negative, si rispecchiano in recensioni di questo tipo:
Un ibrido mal riuscito quindi? Una operazione metà commerciale e metà cinefila che ha finito per scontentare tutti?
[…]
Giudicato per quello che vuol essere (un prodotto commerciale), il film è quindi un chiaro fallimento. E se la validità di un prodotto si misura anche sul grado e la bontà con cui riflette comportamenti e modelli psicologici dello spettatore, anche artisticamente Breathless è un passo falso: molto lontano dal “sentire” di oggi, con eroi freddi e stereotipati e, quel che è peggio, noiosi; con una costruzione strutturata a videogame, che vorrebbe esaltare gli scatti e gli infantilismi del protagonista, ma che finisce per scocciare il potenziale pubblico di cinefili trentenni che dal film si aspettano gratificazioni, diverse, più “datate” (20).
È chiaro che McBride sceglie un compito difficile, ponendosi accanto ad un termine di paragone che rischia di schiacciare qualunque tentativo di imitazione. Il rischio più grande, tuttavia, rimane il fraintendimento.
McBride aveva osato profanare il sacrario dell’arte, e non solo di quella classica di lontana memoria, ma dell’arte cosiddetta d’avanguardia. Aveva voluto “rifare” Godard! Quale orrore! La critica ebbe parole dure. Il film non le meritava. A pochi venne in mente, naturalmente, che si trattava di due “cose” lontane anni luce l’una dall’altra: per i secoli che separavano i due film (un decennio nel campo del cinema equivale a un secolo in altri campi di creazione artistica), e per il diverso taglio creativo dei due autori (21).