3.1 I vampiri europei e la filologia.

Le radici del genere horror affondano nel cinema europeo, e principalmente in alcuni sviluppi che si verificano in Germania intorno agli anni Venti.

Il gabinetto del dottor Caligari (1920, di Robert Wiene) piega prima il timone del cinema tedesco verso l'espressionismo, poi trasporta in America i primi germogli di un genere che a Hollywood avrebbe trovato uno dei propri luoghi elettivi. Nella corrente espressionista compare un film che contiene, con maggiore evidenza, i tratti orrorifici che in molti avrebbero tentato di imitare. Si tratta di Nosferatu il vampiro (Nosferatu. Eine Symphonic des Grauens, 1922), ispirato all'ormai nota novella di Bram Stocker.

Di quest'ultimo film esiste una nutrita schiera di discendenti, il più nobile dei quali è sicuramente il remake di Werner Herzog: Nosferatu, il principe della notte (Nosferatu, Phantom der Nacht, 1979).

Questo film è di notevole importanza, non solo perché costituisce uno dei pochi casi in cui sia espressamente dichiarato il rapporto con l'adattamento cinematografico piuttosto che con il testo letterario originale, ma soprattutto perché Herzog si dedica al rifacimento con un impressionante rigore filologico, suscitando non poche perplessità.

Il significato di questa operazione va «misurata in relazione a un disegno culturale» che lo stesso Herzog spiega molto chiaramente:

«Purtroppo noi apparteniamo a una generazione povera di cineasti, privi di ogni risorsa, senza alcuna tradizione. Non se ne trova l'equivalente in Russia, in Francia, in Italia, dove è stata possibile una continuità culturale. In Germania, al contrario, si è creata una frattura […]. Ma esiste una certa affinità tra il nostro cinema attuale e quello degli anni venti» («Corriere della sera illustrato», 17-2-79). Per giudicare il Principe della notte, occorre tener presente questa volontà di ricongiungersi idealmente alle proprie radici, spezzate dal nazismo (5).

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