Sono stati gli autori europei a rivendicare la possibilità di scrivere direttamente una storia–soggetto, una sceneggiatura in cui la storia e il soggetto non siano più distinti perché risultano consustanziali. Va osservato che questa posizione si accompagna spesso a un’ispirazione di tipo personale, quasi autobiografica, e/o a un impegno sociopolitico o estetico dichiarato […]. L’elaborazione della sceneggiatura e del film ricorda più un processo di incontro tra tematiche personali, stati emotivi ed elementi narrativi (originali o tratti dalla letteratura o dal cinema), che un deliberato lavoro di composizione regolato da norme (3).

Una ulteriore complicazione è determinata dal frazionamento delle diverse espressioni nazionali che, nel loro insieme, denominiamo “cinema europeo”. Già attraverso i precedenti capitoli, abbiamo notato che i soggetti tratti dai testi letterari riescono a stratificarsi più facilmente, e questo appunto perché il testo classico contribuisce a mantenere vivi la vitalità e l'interesse di determinate storie.

A questo scopo è facile notare una particolarità tutta europea, e cioè la tendenza delle diverse cinematografie ad adattare e a riprendere più volte i classici ­– siano essi romanzi o testi teatrali – appartenenti alla propria cultura nazionale. Citiamo, solo a scopo esemplificativo, alcuni titoli: I miserabili, dal romanzo di Victor Hugo, è adattato per la prima volta in Francia nel 1934 da Raymond Bernard; nel 1957 da Jean-Paul Le Chanois; nel 1982 da Robert Hossein e, molto recentemente, da Luc Besson. Naturalmente esistono anche adattamenti realizzati in altre nazioni: l'immancabile versione americana (1952, di Lewis Milestone), ma pure messicana (1943, di Fernando Riviero); italiana (1947, di Riccardo Freda); spagnola (Il forzato di Tolone, 1947, sempre di Fernando Riviero); senza contare le numerose versioni televisive in tutto il mondo.

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Questa è una storia di fantasia
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